IL GIUDICE ISTRUTTORE
   Visti gli atti del procedimento n. 462/98 r.g. tra Miglietta Pietro
 + 1 contro S.p.a. "Banca del Salento", avente ad oggetto impugnazione
 di clausole di contratti di apertura di credito e di  conto  corrente
 bancario;
   Rilevato  che  sono  contestate  anche  la  validita' e la concreta
 applicazione  di  clausole  attinenti  la  spettanza  e   la   misura
 dell'anatocismo sui saldi passivi dei correntisti;
     che  le  parti  hanno precisato le conclusioni sull'an, mentre e'
 riservata  all'eventuale  seguito  la  determinazione  degli  importi
 dovuti  dagli  attori  in  eventuale  difformita' dalle pretese della
 banca;
     che nelle conclusioni e nelle repliche le parti hanno  richiamato
 o   contestato   la   giurisprudenza   piu'   recente,  attinente  la
 determinazione degli interessi  secondo  gli  usi,  la  misura  e  la
 frequenza   della   capitalizzazione,  e  cioe'  dell'anatocismo,  la
 legittimita' della capitalizzazione dopo  la  chiusura  del  rapporto
 bancario  (a  titolo   esemplificativo, cfr.   Foro it. 1999, I, 2369
 ss., ove sono citate, sia nelle note che nel testo dei  provvedimenti
 ivi    pubblicati,  le  decisioni  piu' recenti della Cassazione e di
 altri giudici di merito);
     che pertanto, nella  materia  in  esame,  poteva  ravvivarsi,  al
 momento della scadenza dei termini per le repliche alle conclusionali
 (19   luglio   1999),   una   serie   di   incertezze   dottrinali  e
 giurisprudenziali,  tale   da   rendere   opportuno   un   intervento
 chiarificatore del legislatore;
      che,  nelle  more  della decisione, e' sopravvenuto il d.lgs. n.
 342/99, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 ottobre  1999,  il  cui
 art.  25  ha  aggiunto  all'art.  120 d.lgs. n. 385/93 i seguenti due
 nuovi commi:
      "2) il CICR stabilisce modalita' e criteri per la produzione  di
 interessi  sugli  interessi maturati nelle operazioni poste in essere
 nell'esercizio dell'attivita' bancaria, prevedendo in ogni  caso  che
 nelle  operazioni    in  conto  corrente sia assicurata nei confronti
 della clientela la stessa periodicita' nel conteggio degli  interessi
 sia debitori sia creditori;
      3)  le  clausole  relative  alla  produzione  di interessi sugli
 interessi maturati, contenute nei contratti  stipulati  anteriormente
 alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono
 valide  ed efficaci  fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere
 adeguate al disposto della menzionata  delibera,  che  stabilira'  le
 modalita'  e  i tempi dell'adeguamento. In difetto di adeguamento, le
 clausole divengono  inefficaci  e  l'inefficacia  puo'  essere  fatta
 valere solo dal cliente".
                             O s s e r v a
   Il  comma  3  dell'art.  120  d.lgs. n. 385/93, come introdotto dal
 d.lgs. n. 342/99, prevede, fino all'emanazione  della  delibera  CICR
 indicata  al  primo  comma,  la  salvezza delle clausole contrattuali
 sull'anatocismo, contenute nei contratti stipulati anteriormente.
   L'interpretazione piu' piana attribuisce alla norma una funzione di
 sanatoria della  clausole  in  questione  (come  quelle  oggetto  del
 presente  giudizio)  attraverso  implicita  interpretazione autentica
 della normativa vigente.
   Non vi e' dubbio sul fatto che il legislatore abbia inteso dirimere
 le  incertezze  della  prassi  sull'anatocismo  bancario,  le   quali
 apparivano  idonee a provocare un imponente contenzioso, suscettibile
 sia di togliere certezza ai rapporti giuridici che  di  aggravare  le
 disfunzioni della giustizia civile.
   La  retroattivita'  della sanatoria, desumibile dalla dizione "sono
 valide ed efficaci fino a  tale  data",  e'  tipica  delle  leggi  di
 interpretazioni  autentica,  le  quali,  essendo  dirette a conferire
 certezza a situazioni giuridiche rese incerte da  testi  normativi  o
 dal  diritto  vivente, per loro natura riguardano tutte le situazioni
 "pendenti", e cioe' non ancora  definite  per  giudicato,  decadenza,
 prescrizione.
   Potrebbe astrattamente sostenersi che la dichiarazione di validita'
 ed  efficacia  delle  clausole sull'anatocismo fino alla delibera del
 CICR trovi un limite nell'effettiva sussistenza di tale validita'  ed
 efficacia.
   Tale  posizione,  con  la quale meglio si tutelerebbero le esigenze
 dei consumatori rispetto a quelle  delle  imprese,  salvaguardare  in
 maniera  esclusiva  dal  nuovo  testo dell'art. 120 t.u. bancario, si
 pone in contrasto con  il  principio  di  conservazione  delle  norme
 giuridiche.    Alla  sua  stregua, infatti, la norma in esame avrebbe
 pressappoco   il   seguente   significato   "le   clausole   relative
 all'anatocismo  sono  valide  ed  efficaci  in quanto siano valide ed
 efficaci", una tautologia che renderebbe il comma in esame del  tutto
 superfluo.
   Ne'  tale  posizione  potrebbe  essere  sostenuta tenendo conto dei
 profili di legittimita'  costituzionale  di  cui  si  discorrera'  in
 seguito,   e  facendo  ricorso  al  criterio  secondo  cui,  tra  due
 interpretazioni  possibili  di  una  norma,  deve  preferirsi  quella
 maggiormente conforme alla Costituzione.
   Tale  criterio  presuppone infatti che attraverso l'interpretazione
 considerata come piu' conforme alla Costituzione residui  uno  spazio
 di  applicazione  per  la  norma  interpretata; in caso contrario, si
 avrebbe un effetto abrogativo, che e' riservato al legislatore o alla
 Corte costituzionale, e non al c.d. diritto vivente.
   Data quindi per dimostrata la rilevanza nel presente  giudizio  del
 d.lgs.  n.  342/99,  si  osserva  che  lo  stesso e' stato emanato in
 attuazione dell'art. 1, comma 5, legge n.  128/98,  che  delegava  il
 Governo  ad emanare "disposizioni integrative e correttive del d.lgs.
 n. 385/93, e successive modificazioni, nel rispetto  dei  principi  e
 criteri   direttivi  e  con  l'osservanza  della  procedura  indicati
 nell'art. 25 legge n.  142/92".
   Nel testo dell'art. 25, legge n. 142/92  non  era  contenuto  alcun
 principio o criterio direttivo, attinente la materia dell'anatocismo.
   Pertanto  la  delega  legislativa  "copriva"  soltanto  il generico
 potere del Governo di emanare disposizioni  integrative e  correttive
 del  t.u.  bancario.  Sarebbe  alquanto  agevolato  sostenere  la non
 conformita' di tale delega all'art. 76 della Costituzione, il  quale,
 nel  prevedere  la  "determinazione  di  principi e criteri direttivi
 (...) per oggetti definiti",  non  intendeva  certamente  legittimare
 deleghe in bianco al Governo, con vincoli solo apparenti.
   Non  occorre tuttavia approfondire tale profilo, il quale in questa
 sede non e' rilevante.
   Se  infatti,  interpretando  la  delega  in  modo   necessariamente
 restrittivo,  al  fine  di  sottrarla  alle  censure  di   violazione
 dell'art.  76  Cost.,  si  riferisce   il   potere   "integrativo   e
 correttivo",  conferito  al  Governo  dall'art.  1, comma 5, legge n.
 128/98,  al  miglioramento  e  all'armonizzazione  della  tecnica  di
 redazione  e  della  coerenza  interna  del t.u. bancario, si finisce
 necessariamente con l'escludere la sanatoria delle clausole  bancarie
 sull'anatocismo  a  mezzo  di  interpretazione  autentica delle norme
 giuridiche  preesistenti   (implicitamente   richiamate   dal   testo
 dell'art. 120, comma 3, t.u. bancario) dall'ambito delle integrazioni
 e correzioni puramente tecnico-formali.
   D'altro  canto, il testo precedente del t.u. bancario non conteneva
 disposizioni  specifiche  in  tema  di      anatocismo,   come   tali
 astrattamente suscettibili di integrazione e/o correzione.
   Vi  e'  anche  da  aggiungere  che  in nessun caso la legge avrebbe
 potuto delegare al Governo l'interpretazione autentica,  implicita  o
 esplicita, di norme giuridiche.
   Infatti  dal  testo  dell'art.  76 della Costituzione emerge che il
 potere di normazione delegato al Governo riguarda le sole  scelte  di
 c.d.   discrezionalita'   tecnica   e  cioe'  l'individuazione  delle
 soluzioni di dettaglio,  empiricamente  meglio  praticabili,  per  la
 realizzazione delle scelte di merito risultanti dalla legge-delega, e
 riservate al  Parlamento.
   L'interpretazione  autentica  di una o piu' norme, invece, operando
 una scelta tra due o piu' prospettazione egualmente possibili, ma tra
 loro  contrapposte,  comporta  necessariamente  l'esercizio  di   una
 discrezionalita'  non meramente tecnica, bensi' di merito e politica,
 come tale al di fuori dei poteri normativi del Governo.
   E' il caso di rilevare la necessita' di una chiara demarcazione dei
 rapporti tra i poteri dello Stato, onde evitare che,  al  sistematico
 abuso  della  decretazione  d'urgenza,  venuto  meno dopo la sentenza
 Corte cost. 360/96, si   sostituisca un abuso  ancor  piu'  insidioso
 della  legislazione  delegata,  la  quale per di piu' "salterebbe" il
 momento del confronto parlamentare, quest'ultimo non  e'  surrogabile
 dai  pareri  delle  Commissioni parlamentari di  cui all'art. 25 cpv,
 legge n. 142/92, che non equivalgono a  legge-delega,  anche  perche'
 non  sono  conoscibili  dalla  generalita' dei cittadini, ma soltanto
 dagli studiosi e operatori giuridici.